GSI ITALIA, OSEPER E I BAMBINI SOLDATO

La bella immagine che vedete qui riprodotta è quella del cancello di ingresso al centro per i bambini di strada di OSEPER, a Kinshasa in Repubblica Democratica del Congo. GSI Italia ha da poco siglato un accordo con Oseper, che ci impegna a sostenere parte del finanziamento di ristrutturazione del centro di ospitalità di Pont d’Eau, dove l’associazione congolese ospita bambini di strada e alla dotazione di una ambulanza per l’attività di soccorso sanitario.
L’organizzazione è riferimento di CROCE ROSSA INTERNAZIONALE e di MONUSCO, la missione ONU in Congo, per l’affido, la rieducazione e il reinserimento dei Bambini Soldato sottratti alla guerriglia nel corso delle operazioni di polizia e nei numerosi combattimenti all’interno del Paese africano.
Oggi sono più di 250 mila i bambini e gli adolescenti arruolati negli eserciti regolari e irregolari del mondo. Un numero in aumento, perché adatti alla nuova natura delle guerre, non più una contrapposizione armata tra Stati, ma l’esplosione di crisi interne in cui si misurano tra loro fazioni politiche, gruppi religiosi o etnici. I minori imparano presto a usare le armi leggere, automatiche, che costano relativamente poco: oggi un bambino può utilizzare un AK-47 come un adulto. Inoltre, non si ribellano alle azioni più pericolose e si fanno indottrinare con maggiore facilità. I bambini soldato sono ideali perché non si lamentano, non si aspettano di essere pagati e se dici loro di uccidere, loro uccidono.
Ci sono invece dei ragazzi che aderiscono come volontari, per sopravvivere, perché c’è di mezzo la fame o il bisogno di protezione. Sempre in Congo, per esempio, nel ’97 quasi 5 mila adolescenti hanno aderito all’invito di arruolarsi, fatto attraverso la radio: erano per la maggior parte “ragazzi di strada”. In alcuni casi, ciò che spinge i ragazzi a chiedere la divisa è il desiderio di ritrovare un’identità o la volontà di rivalsa. Il desiderio di vendetta li spinge ad imbracciare un fucile o un machete per scaricare il dolore nella violenza quando, fatto ricorrente nelle guerre etniche, hanno visto i propri genitori o parenti subire violenze da parte del gruppo opposto.

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