LA SVOLTA AVVIATA DA GSI ITALIA ALLA CURA DEL CANCRO DELL’UTERO IN ETIOPIA

Di cancro dell’utero si muore ancora anche in Occidente ma in Etiopia come nella gran parte dei Paesi africani è quasi una certezza. Chi viene colpito dal carcinoma dell’utero lo scopre generalmente quando è troppo tardi per salvarsi.

GSI Italia ha inteso dare una svolta a questo dramma che colpisce alcune decine di migliaia di donne etiopi ogni anno e lo ha fatto introducendo per la prima volta il Pap-test, una misura che nei Paesi ad economia avanzata ha portato questa forma tumorale ad una incidenza mortale vicino allo zero.

Un primo gruppo di tre medici tra gennaio e marzo di quest’anno è stato ospite della Usl 1 umbra, a Perugia ed un secondo gruppo seguirà nei mesi a venire. Obiettivo: riconoscere a colpo d’occhio i casi positivi indirizzandoli al trattamento medico e chirurgico. Giovani medici e dottoresse inviati dalla Gondar University a Perugia per apprendere la citologia tumorale e trasferire la formazione ricevuta in Italia su altre decine di medici etiopi in patria.

In pochi anni la nuova metodica andrà a regime in tutto il Paese, questo l’accordo siglato dal presidente di GSI Italia con il Ministro della Salute etiope.

Uno striscio vaginale, un vetrino, un microscopio e l’intervento chirurgico eseguiti dai medici etiopi formati in Italia e da quelli italiani che GSI Italia manderà ad affiancare i medici etiopi fino alla loro autonomia diagnostica e operatoria, rappresenteranno il futuro della medicina ginecologica etiope.

Soprattutto rappresenteranno la salvezza per decine di migliaia di donne.

Grazie ai tanti che si stanno impegnando per questo obiettivo: Francesco Panella, già primario ginecologo a Foligno, responsabile del programma, la dott.ssa Maria Rosaria D’Amico, dott.ssa Morena Malaspina ed il dr. Eugenio Di Dato, che con dedizione e passione stanno curando la formazione dei medici etiopi a Perugia, la dirigenza aziendale, il prof. Pasquale Parise e il dr. Basilio Passamonti , che hanno adottato il programma come se fosse un loro progetto.

Quel che si dice “una squadra”, col piacere della “solidarietà”.
Formidabile.

 

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